Quando Sunù
ed io ci siamo incontrate per la prima volta, io stavo percorrendo avanti
indietro il corridoio di un rifugio, mentre lei era in uno dei box di questo
rifugio, Non cercava di farsi notare, il suo sguardo non cercava lo sguardo di
nessuno e il suo corpo smagrito passava quasi inosservato, tanto lei si
appiattiva contro la parete di fondo.
Era un
sabato e al rifugio c’era molto da fare tra nuovi arrivi, visite, etc… Era
sabato 8 marzo di qualche anno fa. Una volontaria mi dava informazioni riguardo
ai vari cani, dando voce a chi voce non
ha.
Angeli
premurosi di queste creature in difficoltà.
Di quel
cane dal pelo arruffato e anche un po’ mancante, magro magro non sapevano dirmi
molto perché era arrivato solamente da una settimana.
Quattro cose
sul suo conto erano però certe: era una femmina, non riuscivano a convincerla
ad uscire nel piccolo spazio all’aperto recintato annesso al suo box, mangiava
solamente l’umido ed era stata sequestrata al proprietario.
Decisi di
portarmela a casa e di chiamarla Sunù, che in cinese significa “fanciulla
semplice”.
Fin dai
primi giorni diventai consapevole che Sunù in realtà era molto complessa pe me
da capire, difficile da aiutare.
Consultai
un educatore che mi diede utili consigli e qualche lezione e che mi disse,
osservandola, quali erano le esperienze che aveva presumibilmente fatto in
passato e tutte quelle che sicuramente le erano mancate e che la rendevano così
spaventata, impaurita, fobica.
La sua
principale paura e diffidenza era nei confronti degli esseri umani, fatta
eccezione per quelli che erano accompagnati da un amico a quattro zampe, verso
il quale rivolgeva immediatamente la sua attenzione, dimenticandosi dell’umano,
almeno finché questo non avesse la cattiva intenzione di accarezzarla.
Una cosa
certa era che Sunù amava i suoi simili e ci si relazionava nel migliore dei
modi. E questa fu una vera fortuna, per entrambe.
In secondo
luogo la spaventavano i rumori, i bidoni dell’immondizia, le strade strette,
l’ascensore (all’epoca abitavo al 4°piano di un condominio in un paese della
bassa parmense).
All’inizio,
per evitarle ulteriori stress, uscivamo per le passeggiate negli orari meno
“pericolosi”.
Fu l’inizio
di una relazione che mi avrebbe fatto sentire impotente, inadeguata,
incompetente, frustrata, scoraggiata, sfiduciata. Questo nei primi tre mesi.
Mesi in cui
dovevo pensare, dietro indicazione del mio veterinario, innanziutto a
rimetterla in forze tramite l’alimentazione, preparandole pappe molto
energetiche.
Quando poi
eravamo in casa, Sunu cercava di rannicchiarsi in qualche angolo e non era
interessata ad avere contatti con me. Era completamente apatica.
Per
aiutarla, dovevo motivarla, stimolarla continuamente e aspettare, fino a che,
prima o poi, qualcosa si sarebbe risvegliato in lei.
Rispettando
i suoi tempi.
Con
Pazienza.
Portando
attenzione ad ogni piccolissimo progresso.
A giugno
decisi di prendere una decina di giorni di vacanza e mi trasferii con Sunù
nell’entroterra ligure, in un piccolo borgo, abitato da poche persone e
parecchi cani.
Ero
intenzionata a dedicarmi completamente a lei e alla nostra relazione e vedere
cosa succedeva.
La portai a
fare lunghe passeggiate nei boschi e quell’ambiente la aiutò a tirar fuori e a
mostrare un lato a me del tutto sconosciuto e inaspettato.
Scoprii
così (anche grazie a cacciatori della zona) che Sunu era molto imparentata con
il Griffone, un cane di origini francesi, utilizzato per la caccia al
cinghiale, un tipo rustico e dal forte carattere.
Certe
volte, così come accade anche a noi esseri umani, le esperienze traumatiche
vissute (soprattutto in giovane età) lasciano tracce profonde e la gioia di vivere si può affievolire, a
volte spegnere.
Ma la
scintilla che risiede nel profondo, quella no. Va ricercata e aiutata a tornare
a risplendere. Nuovamente.
Sunù
iniziava a guardarmi, iniziava ad accettare il contatto fisico con me, finché una sera si sedette sul divano accanto
a me e mi diede tanti piccoli e delicati
morsi.
Quello che
fece si chiama in termine tecnico
Era un
nuovo, commovente, inizio.
Tornate a
casa, iniziammo a frequentare l’area cani.
Sunu
aspettava nel prato che gli altri cani la raggiungessero invitandoli al gioco,
in quanto lei al momento preferiva ancora tenersi a distanza di sicurezza dalle
panchine e dalla piazzola, dove generalmente sostavano i temuti esseri a due
zampe.
Com’era
bello vederla giocare felice. Finalmente!
Sunù e Brando


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