giovedì 7 gennaio 2016

Sunù ed io

Quando Sunù ed io ci siamo incontrate per la prima volta, io stavo percorrendo avanti indietro il corridoio di un rifugio, mentre lei era in uno dei box di questo rifugio, Non cercava di farsi notare, il suo sguardo non cercava lo sguardo di nessuno e il suo corpo smagrito passava quasi inosservato, tanto lei si appiattiva contro la parete di fondo.
Era un sabato e al rifugio c’era molto da fare tra nuovi arrivi, visite, etc… Era sabato 8 marzo di qualche anno fa. Una volontaria mi dava informazioni riguardo ai vari cani, dando voce  a chi voce non ha.
Angeli premurosi di queste creature in difficoltà.
Di quel cane dal pelo arruffato e anche un po’ mancante, magro magro non sapevano dirmi molto perché era arrivato solamente da una settimana.
Quattro cose sul suo conto erano però certe: era una femmina, non riuscivano a convincerla ad uscire nel piccolo spazio all’aperto recintato annesso al suo box, mangiava solamente l’umido ed era stata sequestrata al proprietario.
Decisi di portarmela a casa e di chiamarla Sunù, che in cinese significa “fanciulla semplice”.
Fin dai primi giorni diventai consapevole che Sunù in realtà era molto complessa pe me da capire,  difficile da aiutare.
Consultai un educatore che mi diede utili consigli e qualche lezione e che mi disse, osservandola, quali erano le esperienze che aveva presumibilmente fatto in passato e tutte quelle che sicuramente le erano mancate e che la rendevano così spaventata, impaurita, fobica.
La sua principale paura e diffidenza era nei confronti degli esseri umani, fatta eccezione per quelli che erano accompagnati da un amico a quattro zampe, verso il quale rivolgeva immediatamente la sua attenzione, dimenticandosi dell’umano, almeno finché questo non avesse la cattiva intenzione di accarezzarla.
Una cosa certa era che Sunù amava i suoi simili e ci si relazionava nel migliore dei modi. E questa fu una vera fortuna, per entrambe.
In secondo luogo la spaventavano i rumori, i bidoni dell’immondizia, le strade strette, l’ascensore (all’epoca abitavo al 4°piano di un condominio in un paese della bassa parmense).
All’inizio, per evitarle ulteriori stress, uscivamo per le passeggiate negli orari meno “pericolosi”.
Fu l’inizio di una relazione che mi avrebbe fatto sentire impotente, inadeguata, incompetente, frustrata, scoraggiata, sfiduciata. Questo nei primi tre mesi.
Mesi in cui dovevo pensare, dietro indicazione del mio veterinario, innanziutto a rimetterla in forze tramite l’alimentazione, preparandole pappe molto energetiche.
Quando poi eravamo in casa, Sunu cercava di rannicchiarsi in qualche angolo e non era interessata ad avere contatti con me. Era completamente apatica.
Per aiutarla, dovevo motivarla, stimolarla continuamente e aspettare, fino a che, prima o poi, qualcosa si sarebbe risvegliato in lei.
Rispettando i suoi tempi.
Con Pazienza.
Portando attenzione ad ogni piccolissimo progresso.

A giugno decisi di prendere una decina di giorni di vacanza e mi trasferii con Sunù nell’entroterra ligure, in un piccolo borgo, abitato da poche persone e parecchi cani.
Ero intenzionata a dedicarmi completamente a lei e alla nostra relazione e vedere cosa succedeva.
La portai a fare lunghe passeggiate nei boschi e quell’ambiente la aiutò a tirar fuori e a mostrare un lato a me del tutto sconosciuto e inaspettato.
Scoprii così (anche grazie a cacciatori della zona) che Sunu era molto imparentata con il Griffone, un cane di origini francesi, utilizzato per la caccia al cinghiale, un tipo rustico e dal forte carattere.
Certe volte, così come accade anche a noi esseri umani, le esperienze traumatiche vissute (soprattutto in giovane età) lasciano tracce profonde  e la gioia di vivere si può affievolire, a volte spegnere.
Ma la scintilla che risiede nel profondo, quella no. Va ricercata e aiutata a tornare a risplendere. Nuovamente.
Sunù iniziava a guardarmi, iniziava ad accettare il contatto fisico con me,  finché una sera si sedette sul divano accanto a  me e mi diede tanti piccoli e delicati morsi.
Quello che fece si chiama in termine tecnico
Era un nuovo, commovente, inizio.
Tornate a casa, iniziammo a frequentare l’area cani.
Sunu aspettava nel prato che gli altri cani la raggiungessero invitandoli al gioco, in quanto lei al momento preferiva ancora tenersi a distanza di sicurezza dalle panchine e dalla piazzola, dove generalmente sostavano i temuti esseri a due zampe.
Com’era bello vederla giocare felice. Finalmente!


Sunù e Brando





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